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mercoledì 31 luglio 2013

Il Tar Lazio chiede chiarezza sui numeri del concorsone docenti

Si riporta intervista pubblicata sul sito Orizzonte Scuola:

red - Una sentenza del TAR Lazio, la n.5242 del 23/5/13 (Presidente Restaino, Relatore Brandileone), ha accolto il ricorso presentato da un gruppo di docenti siciliani, assistiti dall’avv. Fabio Rossi, nei confronti del c.d. “concorsone” dei docenti. Abbiamo raggiunto il legale, esperto di diritto scolastico, per avere ragguagli riguardo a tale pronunzia giurisdizionale e fare il punto sulla procedura concorsuale.

Avv. Rossi, cosa ha stabilito esattamente il TAR Lazio con la sentenza 5242 di qualche giorno fa?

Con il ricorso si era contestata l’assoluta mancanza di trasparenza riguardo alle modalità di determinazione dei posti messi a concorso; in particolare, si è documentato in giudizio come un gran numero di posti inizialmente assegnati alla Sicilia siano stati, poi, inspiegabilmente dirottati dal Ministero verso regioni del centro-nord (in particolare, la Lombardia).
I giudici romani hanno condiviso questi rilievi, osservando che “il silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione sulla determinazione dei posti complessivi messi a concorso appare improntato ad un ingiustificato e ingiustificabile ostruzionismo”, e, conseguentemente, hanno ordinato al Ministero l’immediata pubblicazione “dei tabulati e delle tabelle utilizzate per il computo dei posti messi a concorso, nonché ogni ulteriore atto istruttorio adottato dal MIUR ai fini dell'assegnazione, in seno al DM 82/12 e relativo Allegato 1, dei vari contingenti di assunzioni a ciascuna regione e classe di concorso”.

Questo cosa comporta?

Anzitutto, la riaffermazione del basilare principio per cui ogniqualvolta la pubblica amministrazione provvede ad assegnare posti di lavoro ciò deve avvenire alla luce del sole, con procedure improntate a chiarezza e rigore tali da fugare qualsiasi possibile dubbio di errori o favoritismi. Sul piano pratico, la possibilità di recuperare per le regioni penalizzate, secondo quanto già prodotto in giudizio, almeno un migliaio di posti di ruolo da assegnare sulla base delle graduatorie finali del concorso e altrettanti attingendo alle graduatorie dei docenti precari (come impone la legge).

Proprio in questi giorni si parla di un possibile dietrofront del Ministero, a causa del basso numero di pensionamenti, rispetto al numero di assunzioni programmate in sede di approvazione del concorso per i docenti. Ritiene praticabile questa soluzione?

Assolutamente no. Sul piano giuridico il concorso rappresenta una vera e propria offerta contrattuale al pubblico che, per giurisprudenza consolidata, comporta gli effetti vincolanti di cui all’art.1336 del codice civile; l’accettazione dell’offerta si considera avvenuta già con la presentazione della domanda di partecipazione al concorso e il suo perfezionamento con il collocamento del candidato entro la posizione corrispondente al numero dei posti messi a concorso (tra le tante sentenze: Cassazione Lavoro n.5295/07; n.9049/06).
Pertanto, chiunque, all’esito del concorso, sarà posizionato utilmente, rispetto ai posti a suo tempo indicati in allegato al bando, potrà, in caso di diniego da parte dell’amministrazione scolastica, rivolgersi all’Autorità giudiziaria per la stipula forzosa del contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Si tenga conto, peraltro, che il calo dei pensionamenti è imputabile al c.d. decreto Fornero – Monti, contenente più rigidi requisiti anagrafici, che è di circa un anno anteriore all’indizione del concorso; quindi, ove non si fosse tenuto conto degli effetti di tale normativa in sede di determinazione dei posti messi a concorso, ciò integrerebbe una grave imperizia da parte degli organi ministeriali, senz’altro non opponibile agli incolpevoli candidati che, sulla base dei posti offerti, si sono determinati ad affrontare l’impegnativo iter concorsuale.

Riguardo alla tempistica, sembra che le operazioni concorsuali, nella maggior parte delle Regioni, procedano assai lentamente. Perché, secondo lei?

Certamente a ciò ha contribuito la difficoltà di reperire i commissari d’esame, anche a causa dei miseri compensi fissati dal Ministero; addirittura, anziché rivalutare quelli previsti da un vecchio decreto del 1995, l’allora Ministro Profumo ha pensato bene di abbassarli (del tutto illegittimamente). Non si può chiedere ad un dirigente scolastico o ad un docente di ruolo, per quanto dotati di spirito di servizio, di offrire all’Amministrazione sette mesi del proprio lavoro, in aggiunta alla normale attività di servizio, per poche centinaia di euro; è un’offesa alla dignità e alla professionalità di tali categorie di lavoratori.

E quali effetti possono comportare tali ritardi per i futuri vincitori?

Qualche Ufficio Scolastico Regionale ha già comunicato che per talune classi di concorso le prove orali termineranno non prima della fine di settembre; sì da rendere impossibile l’immissione in servizio già dal prossimo anno scolastico (come, invece, prevede dal bando). Tuttavia, i futuri vincitori, per i medesimi effetti di offerta al pubblico di cui sopra si diceva, hanno diritto al posto di ruolo con la decorrenza cui il Ministero si era impegnato in seno al bando.

Il suo giudizio complessivo sul concorsone?

Un inutile dispendio di risorse, considerato il gran numero di docenti precari già nominabili sulla base delle cosiddette “graduatorie ad esaurimento” (che, a questo punto, si dubita potranno essere mai effettivamente esaurite), più dal sapore propagandistico che di effettiva utilità pubblica.